La “scena” che ammiriamo ci presenta un momento essenziale della vita di Gesù: il Suo “Testamento” che, attraverso gli Apostoli, affida alla Chiesa.
L’opera è stata realizzata a pennellate rapide, vigorose e con “poca cura” del particolare per ottenere una sintesi cromatica, risultato complessivo di prodotto apparentemente “non finito”.
L’uso del colore a tratto volutamente “trascurato” dà all’ambiente della Cena un tono complessivo di semplicità.
Il centro prospettico e cromatico è il Cristo. A facilitare la lettura in tale direzione concorrono tutti gli elementi strutturali facendone confluire lo sguardo: le fughe prospettiche, le gradazioni cromatiche, la posizione degli Apostoli, la mensa, la ripida scala, il pavimento, il lampadario.
Nel vassoio vi è un agnello che ricorda la Pasqua ebraica ed è anche l’immagine dek Cristo “Vero Agnello che toglie il peccato del mondo”. Le vesti, simili tra loro, le coppe e i piatti ordinati e simmetrici, designano la volontà comune di fedeltà al “Maestro”. I toni caldi dei colori, che, partendo dal centro visivo s’irradiano verso l’estremità, illuminano ciò che incontrano sulla loro traiettoria e creano un equilibrio tonale, traendo dall’insieme una piacevole sensazione di calore, intimità e raccogliemento.
Nella “lettura” dell’opera si riscontra, al di là del vuoto di Giuda e alle posizioni irregolari degli altri Apostoli, la vera realtà: sensazioni di tradimento, abbandono, solitudine, smarrimento, inquietudine sfumeno nella trasparente Pace del Cristo. Due tensioni di sentimenti in antitesi che riscoprono la dualità Uomo-Dio… la “Paura” degli uomini si disperde nella decisa volontà Divina… Cristo spezza il pane.
Vito Luongo
Vito Luongo, L’ULTIMA CENA, 1986. Olio su tela, m. 2,10 x 3,20. Trivigno – Chiesa Madre di San Pietro Apostolo.